Il neonato, se tutto si sviluppa armoniosamente, può già comunicare: è capace di percepire, comprendere e agire. Il suo corpo risponde riconoscendo la voce della mamma, si muove al ritmo della sua voce, ricambia il contatto visivo e il sorriso.
Man mano che cresce il bambino diventa sempre più attivo nella comunicazione inizia a usare l’indicazione, allontana le cose che non gli interessano, vocalizza per richiamare l’attenzione.
Le esperienze sono il motore dello sviluppo: è l’opportunità a determinare la maturazione, la mente del bambino è plasmata dall’esperienza.
I genitori lo incoraggiano nelle azioni di ogni giorno a comprendere il mondo.
L’ esperienza condivisa è il modo migliore per cominciare. Possiamo aiutare i bambini a commentare nel contesto di esperienze condivise, chiedendogli alcune cose, aspettando più a lungo le loro iniziative, e commentando di più noi stessi in relazione agli indizi affettivi (modulazione affettiva).
E’ inoltre d’aiuto comunicare attraverso il cambio naturale dei turni di conversazione piuttosto di specificare al piccolo quando prendere la parola o di concentrarsi sulle regole della comunicazione sociale che gli sono state insegnate.
La comunicazione è migliore quando avviene in modo naturale dove le ricompense della comunicazione sono le conseguenze naturali dello scambio piuttosto di premi o “motivatori” estrinseci. I bambini possono imitare suoni e parole, e anche frasi senza comprendere il significato che sta dietro a ciò che stanno dicendo.
E’ importante ricordare che l’uso di suoni isolati non supporta lo sviluppo del linguaggio, è meglio proporre la combinazione di suoni e parole dotate di un contenuto che sia appropriato al livello di sviluppo del bambino.
Modellare le parole entro lo scambio comunicativo permette al bambino di avere un’opportunità per comunicare, con successo.
Simultaneamente, si costruisce la comprensione perché il bimbo è “introdotto al mondo” nel contesto, nello stesso momento in cui sta sperimentando il concetto.
La comunicazione dovrebbe esprimere una varietà di funzioni, quindi non solo le abilità di denominare (“etichettare”) oggetti o esprimere attraverso domande bisogni e desideri, ma anche le abilità di commentare, di regolare il comportamento altrui, di negare, di porre domande, di informare, di fingere, e di impegnarsi in una conversazione estesa (discorso).
I disturbi del linguaggio o della comunicazione si possono manifestare in varie forme e intensità. Nei bambini questo può evidenziarsi in un ritardo, un’alterazione qualitativa o quantitativa della produzione verbale.
Il disturbo può determinare una vera e propria patologia comunicativa per alcuni o riguardare solo alcuni ambiti ed essere più lieve.
I disturbi del linguaggio possono essere “secondari” a disturbi quali deficit cognitivi o sindromi (Autismo, X fragile, Down, Angelman….) oppure essere “specifici” non conseguenti da altre difficoltà.
Nel caso in cui il disturbo sia circoscritto e selettivo, può non manifestarsi in maniera evidente nel bambino piccolo, ma essere tuttavia indice di un disturbo più ampio della sfera neuropsicologica.
Il disturbo allora può manifestarsi in modo più evidente con l’ingresso a scuola, quando si richiedono proprietà di linguaggio, velocità di studio, lettura veloce ed efficiente, organizzazione del discorso e buone abilità espositive ed argomentative.