Il Modello DIR, creato da Stanley Greenspan e Serena Wieder (Washington DC, 1997) è un modello basato sullo sviluppo “Developmental” che tiene conto delle differenze Individuali e delle Relazioni.
Un modello centrato sulla creazione di relazioni emotive significative come promotrici di sviluppo e d’apprendimento veri.
Fondamentale è un’attenta osservazione dell’interesse naturale del bambino, delle sue motivazioni e del suo peculiare modo di interagire con l’esterno per consentire all’adulto di entrare nel suo mondo e, pian piano, portarlo verso un universo di condivisione.
Questo è impossibile se non si conosce il profilo individuale di ciascun bambino.
Per questo si lascia la generalità per entrare nel mondo d’ogni singolo, elaborando un intervento “su misura”, in accordo col profilo individuale di quel bambino.
Il significato della D del modello Greenspan propone un modello di sviluppo sano per ogni bambino, relativo alle diverse capacità che dovrebbe maturare nell’arco della vita, fondamentali per la piena espressione dell’intelligenza, dell’affettività e della socialità. Quelle capacità che sarebbero deficitarie o assenti nei bambini con disturbi dello spetro autistico e/o della comunicazione.
Secondo il Modello DIR, il bambino può essere attento e regolato, al fine di imparare a mantenere un rapporto d’intimità con il suo caregiver ed essere un comunicatore efficace: all’ inizio mediante una comunicazione gestuale e poi mediante una verbale più complessa per raggiungere il mondo simbolico ed essere in grado di collegare diverse idee e diversi stati emotivi in una rete complessa cognitiva e affettiva.
Il ruolo di ciascuna figura coinvolta nell’ educazione del bambino è quello di aiutarlo a raggiungere il massimo livello possibile di tali capacità.
Le capacità funzionali emozionali sono, da un lato, una base fondamentale per un sano sviluppo e dall’altro danno al bambino, secondo un punto di vista clinico, elementi di lotta contro i sintomi centrali dell’autismo:
- un bambino coinvolto (in engagement) sarà meno isolato;
- un bambino che comincia a comunicare diviene meno rigido, più flessibile, con più o meno deliberata presenza e incorpora una maggiore informazione del mondo, migliorando la sua performance cognitiva.
Nel Modello DIR i sintomi, i comportamenti che si esprimono nel disturbo dello spettro autistico (DSA) sono considerati come problemi derivanti dalla mancanza di modulazione sensoriale e della pianificazione motoria.
Per questo motivo è importante conoscere l’individualità di ogni bambino, del suo modo di gestire l’informazione percettiva; come riceve gli stimoli dal mondo esterno in tutti i canali sensoriali, come usa la sua visione, come sente il suo corpo, come gestisce il suo equilibrio…
Un ragazzo che vive grossi disagi in tal senso, avrà grandi difficoltà nella possibilità di utilizzare pattern di funzionamento adeguati per muoversi con gli altri.
I progressi nelle neuroscienze (NIH, The National Institutes of Health, Nancy Minshew) considerano fondamentale quest’ aspetto dei problemi dei bambini affetti da DSA.
Il Modello DIR, facendo riferimento ai risultati delle più recenti ricerche, propone un intervento intensivo, sistematico, allargato e che coinvolge tutti i luoghi di vita di un bambino.
Rispetto ad altri approcci ai bisogni educativi speciali e all’autismo, vi è un cambio di paradigma:
- nella valutazione:
- dal focus sui sintomi e i gruppi di sintomi (sindromi);
- al focus sul funzionamento
- non osservare le singole abilità, ma come il bambino le organizza in un modello dinamico
- osservare tutte le aree per capire come si influenzano reciprocamente
- e nell’ intervento:
- dal focus sui sintomi e i comportamenti
- al focus sulle capacità funzionali del bambino e sul suo modo di organizzare l’esperienza.
L’obiettivo principale è
costruire solide basi per le competenze sociali, emotive e intellettuali, favorendo i processi evolutivi.
Le indicazioni fornite favoriscono il funzionamento integrato del bambino all’ interno dei contesti di vita.
Più che focalizzarsi su semplici abilità (insegnare a) o su aree cognitive isolate o sulla modificazione del comportamento del bambino ci si assicura che l’esperienza sia significativa, in contesti naturali dove ogni bambino apprende da esperienze reali, non solo imparando ad usare l’idea o la risposta di qualcun altro.
Quindi dal punto di vista teorico il modello ha una visione olistica ed evita rigidi schemi comportamentisti (dimostratisi poco efficaci nell’educazione delle competenze sociali ed emotive) o cognitivisti (circoscrivendo l’intervento ad aree limitate).
Le ricerche più attuali indicano che le interazioni con i caregivers stimolano lo sviluppo del cervello; abilità cognitive, linguistiche, sociali e motorie vengono apprese attraverso l’ interazione.
Variazioni nei processi motori e sensoriali sono normali; le capacità di sviluppo sono collegate (lavorano in team), per questo l’intervento va strutturato sulle necessità ed il profilo di sviluppo di ciascun bambino (non può esserci empatia se non si conosce a fondo il profilo del bambino). E’ importante Osservare il bambino e individuare il suo profilo di sviluppo individuale; Osservare le interazioni tra il bambino e i genitori; Osservare lo stile della famiglia e i suoi bisogni; Analizzare l’ambiente e valutare quali sono gli aspetti che ostacolano o favoriscono le interazioni e lo sviluppo del bambino.
Nel progetto vanno integrate le azioni congiunte di tutte le figure educative di riferimento.
(Greenspan S.I, S. Wieder “Trattare l’autismo” …, Ed. Raffaello Cortina 2007)