La diagnosi è complessa e controversa: basata su criteri eziologici più che su criteri clinici (sintomi uguali/cause diverse), la disprassia verbale può essere isolata in assenza di deficit neuromuscolari, deficit sensoriali, anomalie anatomofunzionali dell’apparato fono-articolatorio o associata a disordini neurologici.
Le prassie: sono movimenti volontari e coordinati che si sviluppano sulla base di esperienze ripetute e si realizzano nella esecuzione di sequenze motorie apprese.
Per imparare le prassie c’è bisogno di buone basi percettivo-motorie: capacità di automatizzazione, realizzazione procedurale che non necessita di controllo attentivo.
Le caratteristiche che indirizzano verso una diagnosi di disprassia verbale nel bambino piccolo sono: possibili difficoltà di alimentazione, particolare selettività alimentare, lallazione assente o comunque scarsa, poco variata, bambini poco sonori, repertorio ristretto di fonemi sia vocalici che consonantici, prevalentemente limitati a quelli che occorrono precocemente (/m/t/b/), difficoltà nell’ apprendimento e nel successivo mantenimento delle configurazioni articolatorie.
Il sintomo più evidente è la difficoltà a carico della pianificazione e/o della programmazione dei parametri spazio-temporali dell’articolazione che determina problematiche a carico del sistema dei suoni e della prosodia.
Per poter impostare correttamente i fonemi è importante possedere un corretto movimento degli organi fono-articolatori che varia a seconda del fonema da produrre e anche a seconda dei suoni limitrofi (che precedono e seguono) il suono da articolare = co-articolazione.